La prima volta che ho avuto a che fare con l’autismo è stato quando un amico mi ha fatto notare che, spesso, non coglievo l’ironia nei messaggi in una chat di gruppo e questo gli ricordava la Sindrome di Asperger — una forma lieve di autismo. Ovviamente, quando ho cercato informazioni su internet, l’autosuggestione mi ha portato a convincermi di corrispondere precisamente al profilo Asperger.
Proprio nello stesso periodo, Chiara, un’amica che avevo perso di vista da anni, mi ha scritto che, avendo scoperto di essere Asperger, aveva deciso di tradurre in italiano un libro divulgativo fondamentale: NeuroTribù di Steve Silberman. Ci teneva che lo leggessi perché secondo lei avevo la sensibilità adatta per trattare il tema. Cosa intendeva? Aveva forse capito anche lei che ero autistico?
In pratica, ero cascato nella trappola di attribuire comportamenti che non riuscivo a spiegarmi a un’unica causa. Del resto, sarebbe stato estremamente comodo rifugiarmi sotto un’etichetta: “Ehi non sfottermi se mi comporto in modo strano, ho l’Asperger!” Alla base di un ragionamento del genere—ma anche di credenze infondate come l’associazione vaccini-autismo— c’è una concezione rigida dell’autismo.
In realtà le cose funzionano in modo un po’ diverso, e uno dei grandi meriti di un libro come NeuroTribù è di aver contribuito a diffondere il concetto di neurodiversità e di spettro al grande pubblico.
In generale, la percentuale di persone che rientra nello spettro autistico è di circa l’1 percento della popolazione mondiale. Partendo dalle basi: il 99 percento della popolazione è considerato neurotipico, ovvero non presenta una condizione neurologica atipica—sono le persone che nel linguaggio comune vengono definite erroneamente normali. Invece che pensare in termini di normalità o anormalità, il concetto di neuro tipicità/atipicità pone l’accento su un funzionamento diverso della mente.
In molti casi le persone con autismo possono dare il meglio in lavori che richiedono di organizzare, archiviare, catalogare e controllare la qualità dei prodotti.
Lo spettro è una condizione di neuro-atipicità che porta a difficoltà nell’interazione sociale e nella reciprocità socio-emotiva, a coltivare interessi selettivi, ad adottare linguaggio e movimenti ripetitivi, oltre che a una spiccata ipersensorialità. Va pensato come un continuum: a un estremo si trovano le persone con forme di autismo che richiedono maggiore assistenza, e all’estremo opposto le forme che confinano con la neurotipicità.
Nel punto d’intersezione tra neurotipicità e autismo si colloca la sindrome di Asperger—una forma di autismo in cui il funzionamento intellettivo non è compromesso. Proprio per questo, il rischio di non diagnosticare l’Asperger soprattutto negli adulti è alto: quando sono piccole o adolescenti, di queste persone si valutano solo le loro capacità intellettive-accademiche, spesso significative, e si trascurano le difficoltà di comunicazione e interazione sociale. In generale, la mancanza di cultura in materia è il motivo principale delle misdiagnosi.
In effetti, un aspetto interessante del concetto di neurodiversità è quello di sottolineare come condizioni neurologiche diverse hanno anche punti di forza diversi. Rientrare nello spettro autistico non comporta solo disfunzionalità: chi occupa certe posizioni lungo lo spettro può presentare qualità che a me mancano del tutto, ad esempio la capacità di organizzazione, memoria eccellente e un alto livello di concentrazione. E invece di insistere nella ricerca di una cura per l’autismo, è molto più sensato integrare nella società chi rientra nello spettro valorizzandone le caratteristiche.
Una delle persone che in Italia lavora in questo senso è Roberto Keller, psichiatra, neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta del centro pilota Regione Piemonte disturbi spettro autistico in età adulta ASL Città di Torino, che ha curato la prefazione italiana di NeuroTribù.
A Torino, Keller porta avanti percorsi di social skill training per aiutare le persone ad apprendere le abilità sociali necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro. Keller lavora con persone che rientrano in tutto lo spettro, aiutandole in base alle loro competenze specifiche, e la scelta di inserimento si basa sulla conoscenza accurata della persona e delle sue attitudini.
Come mi ha spiegato, in molti casi le persone con autismo possono dare il meglio in lavori che richiedono di organizzare, archiviare, catalogare e controllare la qualità dei prodotti. Per questo, uno dei settori in cui le persone con autismo ad alto funzionamento o sindrome di Asperger possono dare il meglio è l’informatica.
Anche se non esistono statistiche e dati specifici sul numero di impiegati nel settore IT che rientrano nello spettro, una delle indagini più approfondite è stata portata avanti proprio da Steve Silberman. Quando infatti il giornalista si è reso conto dell’alto tasso di impiegati della Silicon Valley che erano, o erano parenti, di persone neuroatipiche, ha raccontato i casi di cui era venuto a conoscenza in un articolo per Wired intitolato “La sindrome dei geek”. L’incredibile risposta ricevuta da parte di altre famiglie con storie simili ha portato Silberman ad approfondire la storia dell’autismo in generale in NeuroTribù.
In effetti, doti come la capacità di sistematizzazione, di organizzazione, la tolleranza della ripetitività e la sameness, (cioè la tendenza a mantenere immutati abitudini, una sequenzialità nelle azioni e a sviluppare rituali) e la capacità di individuare un’anomalia in un sistema complesso,” mi ha spiegato Keller, sono molto utili una volta che si parla di ambito informatico.
”In pratica, rispetto ai neurotipici, si tratta di avere una maggiore capacità di concentrazione sui dettagli. Lavorando al computer è possibile inoltre non avere grosse interazioni sociali e quindi essere immersi in un numero inferiore di stimoli sensoriali che possono rivelarsi problematici da gestire per chi rientra nello spettro.”
Viceversa, la stessa informatica che si è sviluppata grazie all’inestimabile contributo di persone neuro-atipiche ha influenzato il modo di comunicare delle persone neurotipiche. ”Le persone autistiche hanno giocato un ruolo fondamentale nel sviluppo dell’informatica — un esempio banale è Turing, una persona con sindrome di Asperger, che è stato un pioniere nell’invenzione dei computer. Il modo di funzionare delle persone con autismo è in realtà presente, per certi aspetti, in modo sempre più diffuso nella cultura dominante della comunicazione: basti pensare a quanto si preferisce comunicare tramite internet o messaggi piuttosto che, invece, incontrarsi di persona, o pensare a quando si vedono gruppi di ragazzi tutti chini sul proprio cellulare e che si guardano poco negli occhi,” mi ha spiegato Keller.
Favorire l’inserimento nel mondo dell’informatica, in particolare nel software testing e nella gestione di dati e documenti, delle persone che rientrano nello spettro dell’autismo è la missione principale di un ente come Specialisterne (dal danese “Gli Specialisti”) che è stato fondato in Danimarca nel 2004 da Thorkil Sonne, padre di un bambino autistico. Specialisterne opera in 20 paesi nella formazione di persone con un disturbo dello spettro dell’autismo e nel loro inserimento lavorativo, specialmente nel settore informatico.
Secondo i loro dati, a livello globale il tasso di disoccupazione registrato tra le persone che rientrano nello spettro raggiunge l’85 percento, e oggi in Italia solo una persona su 10 con autismo ha un lavoro. Il loro obiettivo globale è creare un milione di posti di lavoro per le persone con autismo, puntando su uno dei loro punti di forza: la ”passione per i dettagli” — per citare il loro motto. Come mi hanno spiegato “la maggior parte delle persone con cui lavoriamo mostrano queste capacità, ogni persona con autismo è unica, e può avere capacità diverse.”
Ana Paños Fuster, coordinatrice della formazione di Specialisterne per persone con autismo ad alto funzionamento e sindrome di Asperger mi ha raccontato come sta andando. ”Al momento, in Italia abbiamo formato 35 profili. Ora abbiamo inserito 14 persone dai nostri clienti, mentre altre 4 sono in trattativa. I rimanenti stanno ancora seguendo la formazione. Ho lavorato anche con la sezione spagnola che esiste da 5 anni e lì abbiamo inserito 60 persone nel mondo del lavoro.”
“ Noi usiamo la metodologia ‘SMART’. La parola smart riassume le caratteristiche di ciascuno degli obiettivi, devono essere: specifici per la persona, misurabili, raggiungibili in un tempo determinato e realistici,” ha spiegato. “Il nostro fondatore Thorkil Sonne, che ha esperienza in campo IT e un figlio con autismo ad alto funzionamento, ha iniziato il progetto di Specialisterne proprio per valorizzare le capacità che vedeva in suo figlio e diffonderle nel campo IT.”
Per quanto riguarda il futuro, da Specialisterne sono fiduciosi: “Pensiamo che nasceranno nuove realtà che aiuteranno a creare possibilità di lavoro per le persone all’interno di tutto lo spettro. Per fortuna, l’approccio verso le persone con autismo non è più quello della disabilità o delle difficoltà,” ha concluso. ”Adesso si apre una nuova strada, quella delle neurodiversità che permetterà di valutare i punti di forza di ciascuna persona.”
Articolo pubblicato il 10 ottobre 2018 su Motherboard.vice.com